Al servizio di una comunità più grande

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di Simone Giusti

Rompiamo gli indugi e confessiamolo subito: Piccola città di Vanessa Roghi è un piccolo capolavoro che in qualche modo giunge inatteso nel panorama culturale cittadino. Abituati a vivere in una città chiusa su se stessa, un po’ piagnona e perennemente spaventata, chi se lo aspettava di leggere un’opera che racconta con coraggio e quasi con disinvoltura, e sempre con grande senso di responsabilità, una storia così importante come quella dell’eroina. Una storia cittadina, che ci riguarda da vicino, visto che la “piccola città” è proprio Grosseto, la Kansas City di Cassola e Bianciardi. Una storia che, una volta condivisa, ci rende più grandi e più potenti, più capaci di ragionare su uno degli argomenti più complessi e difficili di questi anni.
«Una cortina di silenzio è scesa sul discorso sulle tossicodipendenze, anche per colpa di chi ha smesso di raccontare,» – scrive Roghi – «come se il problema non esistesse più, non fosse mai esistito anzi, visto che il silenzio riguarda anche gli storici». E allora la scrittrice, che è storica di mestiere, è ripartita dai suoi ricordi, dai documenti personali – foto di famiglia, diari, disegni degli anni Settanta e Ottanta – per ricostruire con cura la storia delle idee e dei fatti che, nel corso del Novecento e fino a oggi, hanno scandito l’affermarsi della tossicomania. Fatti e idee che, lo si scopre leggendo il libro, sono tutt’altro che inattuali, e che dobbiamo necessariamente conoscere se vogliamo smetterla di pensare al fenomeno ricorrendo a stereotipi e luoghi comuni che ingombrano ancora oggi i ragionamenti e le chiacchiere di tanti.
È utile sapere, per esempio, quando è nato il mito del tossicomane “capellone”, il classico drogato sfaccendato, marginale, sporco e soprattutto giovane, il deviante che meritava – e merita ancora – di essere perseguito e represso. Quali sono gli articoli di giornale, i libri, le inchieste televisive che hanno contribuito a far nascere una vera e propria ideologia del consumo di droga, creata da persone che nella grande maggioranza dei casi non avevano nessuna idea di ciò di cui parlavano ma che ugualmente sentivano il bisogno di esprimere la loro opinione. Benpensanti, diremmo oggi. Inventori di leggende e di metafore funzionali a rassicurare e a nascondere, che anziché studiare il fenomeno, promuovere la ricerca scientifica e la repressione dello spaccio preferivano organizzare o partecipare a conferenze sulla droga «drago” che deve essere sconfitto da un novello San Giorgio cavaliere.
Possiamo dirlo con serenità, noi grossetani. Un libro così non lo leggevamo dai tempi del Lavoro culturale di Bianciardi. Solo lui era riuscito a mettere a nudo le meschinità della piccola città, non per cinismo ma per dare loro un senso, per mettere le esperienze cittadine al servizio di una comunità più grande. Era difficile superarlo, ma Roghi ci è riuscita: grazie alla sua generosità di studiosa e al suo coraggio innamorato, che le hanno consentito di superare i limiti dell’ironia e del sarcasmo.

Vanessa Roghi, Piccola città. Una storia comune di eroina, Bari-Roma, Laterza, 2018

Da «Il Tirreno» – Grosseto, 29 novembre 2018.

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